A Città del Messico con Bolaño
12/06/2022

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Perché la Città Impossibile si mangia così tanto lo spazio in terra da conquistare a suo modo anche il cielo, costruendo su più livelli ponti e pontili dove sfrecciano SUV enormi. Mi trovavo lì nella speranza di vedere cosa, però? Chissà, forse volevo accedere alla vita come era stata vissuta, da me, senza prescindere dalla presenza degli altri, amici, conoscenti, fantasmi. • Ovviamente Google Maps, nella sua modalità Street View che tanta curiosità mista a timore detta alle generazioni un po’ più grandi della mia, nata negli anni Ottanta, ha qualcosa di cimiteriale, la vita non vi si trova se non piallata, imbalsamata, resa lapide nei pixel. Ma la verticalità di certi palazzi, o l’apparire di certi fantasmi umani o animali dimezzati dallo scatto, le insegne inquadrate male dei negozi e dei bar dove ti recavi, a volte persino i volti sfigurati di un passante che forse avrebbe potuto essere un conoscente o un amico, spalmato dalla ripresa della telecamera dell’auto con su scritto “Google” – che a volte viene salutata, specie nei paesini, come l’avvento della papamobile o di determinati sacerdoti venuti a benedire le case con lo Sguardo Divino dell’azienda di Santa Clara – quelle presenze seppur dissimili dal vivere, sono i dettagli che ti fanno dire “Accidenta a te, amico Street View, mi hai portato proprio dove volevo andare a parare!”. E che ti trasmettono, clic dopo clic, sguardo sghembo dopo sguardo sghembo, un’enorme nostalgia, mai appagata. Nostalgia del lì e del Me-Lì. Degli innumerevoli suoni, odori, dissapori, incroci, affastellamenti di realtà, sopraelevamenti, sottoelevamenti, dell’ubiquità perenne ma assieme buco nero esistenziale che si vive a Città del Messico. Quindi non pensate che menta se vi dico che è la Città Impossibile, il centro di di una Nostalgia Impossibile.
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