Black Phone (2022)
30/06/2022

Questa settimana, nel dubbio, ho fatto doppietta. Prima
Trama: il piccolo Finney finisce nelle grinfie del Rapace, un maniaco che rapisce e uccide i bambini. Nella sua disperata lotta per la fuga, troverà inaspettati alleati…
Il dubbio che mi ha accompagnata alla fine della rilettura de Il telefono nero, avvenuta poche settimane fa, è stato “Come hanno fatto a trarre un intero film da qui?”. Il racconto di Joe Hill è, in effetti, una cosina breve e molto basica, che comincia nel momento esatto in cui il protagonista, Finney, viene rapito e si conclude dopo pochi giorni di permanenza nel seminterrato del suo aguzzino. Quest’ultimo non è particolarmente connotato a livello descrittivo o motivazionale, si dice solo che è grasso e che “non vorrebbe fare del male a nessuno”, e lo stesso Finney viene lasciato molto all’immaginazione del lettore, al quale vengono fornite poche informazioni per quanto riguarda la famiglia, i passatempi e l’aspetto del piccolo. Questo perché il fulcro della storia è il telefono nero del titolo, che rende il racconto una rapida ed inquietante ghost story imperniata su una giusta vendetta postuma, non tra le più memorabili che ho letto, ma comunque gradevole. Gli stessi due aggettivi potrebbero valere per il film di Derrickson, il quale, assieme al fido C. Robert Cargill, trasforma Il telefono nero in un’opera ben più Kinghiana di quanto fosse in origine quella del figlio del Re. La cittadina portata sullo schermo da Derrickson sembra popolata solo da bambini o ragazzi impegnati nelle loro terrificanti battaglie personali, lasciati soli da insegnanti poco attenti e, soprattutto, da genitori completamente assenti, persi in demoni fatti di alcool, traumi e lutti mai elaborati. Per fare davvero paura, il Rapace di Ethan Hawke deve indossare maschere che richiamano quella de La maschera del demonio (opera, per inciso, di Tom Savini), ma i pericoli tangibili e reali, quelli che mettono davvero angoscia a protagonista e spettatore, sono incarnati dai terribili bulli che danno la caccia a Finney a scuola e, soprattutto, dal padre ubriacone e violento; le scene di pestaggio di Black Phone, riprese con crudo realismo, sono tra le più orribili che mi sia mai capitato di vedere, e sfido chiunque a trattenere insulti e magone davanti all’angosciante litigio con cinghiate annesse tra Jeremy Davies e la piccola attrice che interpreta Gwen (personaggio, tra l’altro, ben più riuscito e interessante del protagonista, soprattutto grazie alla bravura di Madeleine McGraw).
Tutta questa violenza quotidiana si contrappone a un Rapace che gioca quasi di sottrazione per buona parte del film. Come un totem malvagio, il Rapace attende, ammantato da un’aura sovrannaturale e accompagnato da troppi rimandi a It, talmente tanti da risultare quasi fastidiosi; è vero, i palloncini neri ci sono anche nel racconto originale, ma il vero “plagio” compiuto da Hill ai danni del padre, al limite, è N0s4a2, e direi che inserire nella trasposizione di Black Phone un tizio con della biacca sulla faccia, palloncini come se piovessero, una ragazzina con l’impermeabile giallo e un look generale che rimanda moltissimo al primo It diretto da Andy Muschietti, non era necessario per renderlo apprezzabile. Anche perché Derrickson riesce a dare personalità al tutto seguendo il proprio stile senza andare a pescare da altri, e si vede nel modo in cui sono realizzate non solo le sequenze in cui Finney usa il telefono (una in particolare nasconde il jump scare più efficace del film, vedere per bestemm… ehm, credere) ma anche quelle dei sogni di Gwen, resi come un filmino Super 8, senza contare lo scantinato, che richiama l’ormai iconica locandina di Sinister. A proposito, si vede che io ormai non ho più memoria per nulla e sono sempre meno fisionomista, ma un altro trait d’union tra il mondo di Derrickson e quello di King è James Ransone, che compare sia nei due Sinister sia in It. Ciò detto, ho sentito le peggio cose su Black Phone, quindi mi sento in dovere di spezzare una lancia sulla bontà dell’operazione. Sicuramente non si parla dell’horror più memorabile dell’anno e nemmeno uno dei migliori, ma è un ottimo prodotto “commerciale” che val la pena andare a vedere, nell’attesa che arrivino i pezzi grossi come X e Nope.
Del regista e co-sceneggiatore Scott Derrickson ho già parlato QUI. Ethan Hawke (Il Rapace), Jeremy Davies (Terrence) e James Ransone (Max) li trovate invece ai rispettivi link.
Madeleine McGraw interpreta Gwen. Americana, ha partecipato a film come American Sniper, Ant-Man and The Wasp e a serie quali Bones, Outcast, Criminal Minds; come doppiatrice ha lavorato in Toy Story 4 e I Mitchell contro le macchine. Ha 14 anni e due film in uscita.
Se Black Phone vi fosse piaciuto recuperate Sinister, Sinister 2, It e It – Capitolo due. ENJOY!