Chiacchierando con Daniele Mencarelli
21/02/2023

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Daniele Mencarelli è una voce fondamentale anche nel tratteggiare con acutezza, già nei libri precedenti, le differenze sociali tra ricchi e poveri, e di mostrare in trasparenza le conseguenze di questo divario.
Pietro Borzacchi, il padre protagonista di Fame d’aria, rappresenta un’innovazione fondante e ficcante della figura del padre, in confronto a come narrata nella letteratura sulla disabilità, e inedito è il modo in cui vive la paternità. Chiedo a Daniele Mencarelli di presentarlo a suo modo e con le sue parole.
Pietro è a tutti gli effetti un tipo di paternità maschile. Incontrando in prima persona tante storie, ho notato che la figura paterna è quella che entra più in crisi, quando la malattia non prevede un decorso con una vittoria o una sconfitta, ma è un disturbo pervasivo, un elemento stabile nella sua tragicità, che le terapie non possono migliorare, come nell’autismo di Jacopo, un autismo a basso funzionamento, dove i miglioramenti sono minimi. Non voglio dire per un fatto di virilità, ma il padre spesso abbandona questo destino e si sottrae, oppure come Pietro non si sottrae ma mette in essere un conflitto, quasi una competizione contro il disturbo del figlio, che non può portare ad altro che a una sconfitta, perché contro certe malattie si può pensare a un miracolo, ma i miracoli sono per chi ci crede, mentre la realtà dei fatti racconta qualcos’altro. Lui vive la malattia del figlio come una sconfitta. Di fronte alla malattia grave del figlio non ha saputo ricostruire il proprio io, prima ancora della famiglia. Non ha saputo ricostruirsi attorno alla malattia del figlio. C’è un altro dato che strozza Pietro drammaticamente. A quell’amore diventato via via disamore, diventato rabbia si aggiunge una crisi economica, data dal fatto che è una famiglia monoreddito, che vive con i soldi che lui guadagna. Anche per proteggere la moglie, Pietro si tiene dentro questa crisi che ha forma di precipizio, perché non prevede una via d’uscita. I due elementi messi insieme farebbero impazzire chiunque. E io li ho vissuti scrivendo il romanzo, perché secondo me questo succede a chi scrive. Ho vissuto come se fosse mia la solitudine di cui è vittima Pietro, abbandonato da tutti, persino dal padre, che ha nella moglie un unico approdo.
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