Chiacchierando con Gian Marco Griffi

09/06/2023


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Partiamo da lì: nel febbraio del 1944, mentre infuriano i più brutali e feroci anni di guerra che l’Italia abbia conosciuto, arriva un ordine incomprensibile, o meglio un ordine insensato: mappare le ferrovie del Messico.
Perché?

RISPOSTA: Perché la nostra vita è dominata dal caso. O dal destino? Chi lo sa. Chi può saperlo. Non io di certo. Ma mi interrogo spesso su questioni simili. Caso, destino, provvidenza, sono elementi importanti in Ferrovie del Messico. Le cose davvero importanti ci tengono lì, in apprensione, ci monopolizzano la vita, proviamo a inseguirne il senso, ma poi un bel giorno accade qualcosa che fino a dieci secondi prima ritenevamo la cosa più inutile e insensata che ci potesse capitare (o non la ritenevamo per niente, proprio non ci sfiorava neppure l’idea che quella cosa esistesse, o potesse entrare nella nostra vita), e quella cosa marginale, stramba, priva di logica, quella cosa che sfida ogni razionalità, ci cambia la vita (o può cambiarcela). È quello che succede a Cesco Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana di Asti col mal di denti, cui viene assegnato quest’ordine strambo e apparentemente insensato: lui si domanda subito a che serva eseguirlo (anzi prima ancora si sente perduto, come quando ci chiedono una cosa che sentiamo difficile da realizzare per mille motivi, uno dei quali è che non abbiamo neppure una minima idea di come fare a realizzarla), chiede lumi al suo superiore, che gli ha appena impartito l’ordine, e neppure lui sa che cosa rispondere; qualcuno ha dato l’ordine a me, dice a Magetti, e qualcun altro lo ha dato a quello che lo ha dato a me. E via così. Da quel momento, però, per Cesco Magetti, l’insensato diventa l’unica cosa che conta, l’unica cosa sensata. Volevo provare a fare questo: prendere l’insensatezza e attorno a questa costruire tutto il romanzo, volevo che l’insensatezza diventasse imprescindibile, che il marginale diventasse sostanziale (sia per il lettore che per il protagonista). Tra l’altro questo proposito mi permetteva di affrontare quel particolare periodo storico, un periodo storico tragico, confuso, caotico, tremendo, mediante una delle mie cifre stilistiche: l’ironia, declinata in tutte le forme che mi sono venute in mente, di capitolo in capitolo.
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Fonte: Giuditta legge
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