Con quel cuore sempre a nudo: un’intervista con Mauro Ermanno Giovanardi
09/03/2022

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EP: Nei primi anni ’90 lavoravi in uno storico negozio di dischi a Milano (Zabriskie Point). Che tipo di commesso eri? Non credi che la mancanza di uno spazio fisico abbia eliminato un aspetto che donava importanza e autorità alla musica?
M: Zabriskie era il negozio più cool di Milano. Vendevamo solo dischi di importazione, ed arrivavano due spedizioni alla settimana, una dagli Stati Uniti ed una da Londra. Io per certi versi ero un commesso atipico. E molto fazioso, direi. Anzi per certi versi anche un po’ uno stronzetto. Ma mai con snobberia, sempre con l’ironia come arma di conversazione e relazione coi clienti.
Trattavo molto bene i clienti che ascoltavano Nick Cave, Neubauten, Cramps, insomma le cose che piacevano a me. Pigliavo per il culo gli strippati che compravano solo i singoli e i dischi della Sub Pop, ed odiavo i ragazzetti che bigiavano da scuola per venire in negozio a comprare i dischi di grindcore, obbligandomi a sentire pile di dischi orrendi e feroci alle 10 di mattina. Dopo che magari avevi dormito 3/4 ore e avevi girato più di mezz’ora per trovare parcheggio. Però è stata un’esperienza bellissima e sicuramente importante. Dal ‘89 al ‘95, dove contemporaneamente ero anche uno dei soci della Vox Pop. Periodo eroico.Poi uscì il primo disco dei La Crus e la mia vita cambiò radicalmente.
M: Mmmhmmm, molto poca. Ma perché ascolto meno musica che in passato. Dopo aver lavorato in un negozio di dischi, fatto parte dell’etichetta indipendente più importante della prima metà degli anni ‘90, dove ascoltavamo centinaia di demo ogni mese, fatto e prodotto la mia musica per più di 25 anni e fatto migliaia di concerti, ascolto musica col contagocce. Solo quando sono ispirato. Anzi nella nuova casa dove mi sono trasferito da più di un anno, non ho ancora rimontato lo stereo.
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