Demolition Job. Intervista a Alfredo Zucchi

20/09/2023


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Cosa intendi per conflitto? Cosa intendi per usurpatore?

Forse a questo punto la domanda non è se le AI sognano, ma se desiderano.

In Demolition Job il piano del sogno ha a che vedere con l’insistenza, cioè con il tornare, ossessivo e ricorsivo, su un certo nucleo che sbatte. Là c’è qualcosa, la cosa che tira; là c’è il conflitto.
In questo senso (non fa ridere), il conflitto riguarda una sorta di dato psichiatrico, una resistenza interna: la sua base è un rifiuto, un diniego; si parte da qui.

In altri testi, soprattutto nel romanzo La bomba voyeur, ho provato a dare, se non una risposta a questa domanda, quantomeno un orizzonte: sfidare il senso ad apparire. Si tratterebbe di fare del testo letterario un meccanismo, uno spazio, un agone di produzione di senso. Si tratterebbe anche di svincolare il piano del conflitto da una dimensione puramente soggettiva e individuale. In Demolition Job è all’opera un noi che parla di questo.

Circa l’usurpatore: se uno fosse ad esempio Žižek, gran insalatiere di insalate miste, potrebbe dire al volo che l’usurpatore è il Grande Altro. Ma in Demolition Job l’usurpatore è prima il doppio, poi è il legislatore, poi è il narratore, poi è la voce della cosiddetta coscienza infelice, poi, per finire (e che cazzo!) è il lettore stesso, mon semblable, come scrive Baudelaire in testa a Les Fleurs du Mal. È una casella mobile e vuota, che si sposta, si muove: segue le direttrici della cosa che tira, ti sta sempre addosso, o di lato. È il controcanto costante nel canto amebeo del pensiero. Non è meramente il nemico o l’avversario, è una fenditura.
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Fonte: Antonio Russo De Vivo editor
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