Dentro “Sanguigna” di Gabriela Ponce

19/09/2023


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Arrivammo alla riva e mi spogliai, coprendomi il petto con le mani e piangendo per qualcosa di talmente grave da riuscire a malapena a essere pensato, qualcosa di talmente grave da diventare neutro, non era né immobile né in movimento ed era sempre esistito. Questo dolore mi precede, pensai. E quel pensiero fu immediatamente seguito da un altro: sono le donne, ma l’immagine del neutro si impose di nuovo. Non era uomo o donna, non ero nemmeno io. Questo dolore è un mostro, pensai. Di nuovo cercai di nominarlo, ma tornò la ripetizione ossessiva. Questo dolore mi precede, di nuovo, come un mantra, questo dolore mi precede, e intanto che cercavo di pensare all’origine di quel male per raggiungere un po’ di calma, apparve l’immagine di un nucleo che si crepava, come una pietruzza quando tocca il centro di un’onda che, proprio in quel momento, si formò nel fiume, e di cui non conoscevo la provenienza. María mi afferrò la mano e mi portò nell’acqua ghiacciata, mi pulì il moccio e le lacrime che sgocciolavano lungo il mio corpo nudo e che uscivano dai buchi, mi inginocchiai reggendomi a una pietra, e le mani di María afferrarono il sapone e cominciarono dalla schiena mentre pronunciava parole che erano come un canto lontano e continuò accarezzandomi le natiche con un pezzo di sapone o con la sua mano, forse era la sua mano con una foglia o forse era soltanto la sua mano con il fango.
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Fonte: L'indiependente
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