“Distorti e Invendibili”: intervista a Cristina Danini, autrice del libro che racconta la Torino Hardcore degli anni 80
20/10/2022

[…]
Perché oggi non esiste più una cosa del genere? Faccio una premessa. Se ci pensi è pazzesco, prima si organizzavano tour e concerti tramite passaparola, cabine telefoniche e lettere spedite, non c’erano i cellulari né tantomeno internet. Si partiva senza quasi sapere dove si andava o se la data e il locale esistessero davvero ma i gruppi giravano Italia e Europa e alcuni addirittura il mondo, facendo sold out ed esaurendo dischi e merch, sempre citando band come Indigesti, Negazione e Declino. La gente si spostava in massa anche non conoscendo la band ma solo per averne visto l’adesivo sulla chitarra di un’altra band che gli era piaciuta. Ora c’è Spotify o YouTube e puoi ascoltare tutto l’ascoltabile in pochi click. I social e il navigatore hanno reso tutto più semplice: la comunicazione è immediata, gli spostamenti più facili, ci sono gli eventi sponsorizzati, le condivisioni…eppure una partecipazione e un fermento del genere non si vedono più da tempo in Italia, se non rare eccezioni. Perché secondo te? Tecnologia e social = pigrizia e meno curiosità? Troppa scelta?
Proprio recentemente mi hanno fatto riflettere su come la scena punk europea e mondiale fossero un network primordiale. Le comunicazioni erano più lente, via telefono o posta, ma si era creata questa rete relazionale di amicizie che superavano confini, barriere linguistiche e che oggi possiamo dire ha resistito alla prova del tempo.
Non credo però che la colpa sia della tecnologia se le cose sono cambiate. Anzi, a dirla tutta ho sempre odiato questo ostracismo verso i social mi sa un sacco di “Ai miei tempi i ragazzi erano diversi”. No, i ragazzi non sono cambiati così tanto, è cambiato solo il loro modo di comunicare fra di loro e col resto del mondo, come è giusto che sia. Ora c’è più scelta forse, ed è innegabile che tutto è a portata di click gratuitamente, non serve attraversare mezza Italia per sapere come suoni un gruppo, così come è più facile prendere un aereo…Sicuramente, però, organizzare eventi è diventato più difficile a livello burocratico, anche nei centri giovanili (e parlo per esperienza, dato che sono cresciuta in un centro di aggregazione di provincia e ora lavoro nel settore culturale). Abbiamo gusti più settoriali, forse. Forse siamo più cagacazzo (se si può dire) o pigri, ma non darei la colpa ai social. In realtà una risposta alla tua domanda non ce l’ho, ho solo ipotesi!
[…]