Giganti irregolari e beffardi: Eraldo Bernocchi
20/05/2022

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Ecco: Ferretti, Fehlmann. Due personaggi “trasversali” rispetto a due mondi, quello del pop mainstream da un lato e dell’elettronica da club dall’altro, che anche tu hai sempre solo sfiorato ma mai realmente affrontato: non ci sei mai entrato dentro davvero. Eppure secondo me ti poteva capitare, di entrarci a pieno titolo, ed anzi per il tuo tipo di attitudine ti potrebbe capitare anche adesso.
Con il sistema industriale del pop ho avuto a che fare soprattutto quando ancora vivevo a Milano. Facevo un mare di remix per artisti delle major. Era un periodo che se non facevi uscire pure un disco di remix oltre a quello “normale”, beh, non eri nessuno… Mi sono anche trovato nel ruolo di produttore, ad esempio con gli Acid Folk Alleanza, che se vuoi rispetto al pop erano magari un po’ borderline, perché il loro era un pop colto, pieno di citazioni, con testi particolarmente di qualità (Taver è un grandissimo autore, davvero intelligente); e poi come produttore ovviamente nella parte finale, nella catastrofica parte finale del sodalizio tra Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, il cui figlio indiretto poi è stato “Co.Dex” di Giovanni. Quella situazione lì me la sono vissuta quasi sbroccando, perché non era davvero facile, credimi. Ma io con Giovanni comunque rifarei anche altri cinquanta dischi. Perché a prescindere dalle sue boutade – le chiamo così – che non mi appartengono, o meglio, mi appartengono quando parla di montagna e cavalli ma non quando gli parte l’embolo vaticanista-meloniano, ecco, a prescindere da quelle lui resta un autore incredibile, uno che è in grado di condensare in dieci parole concetti veramente profondi e complessi. E questo se vuoi è molto pop. Comunque sì, il pop di un certo tipo l’ho sfiorato più volte. Ad un certo punto anzi ci fu un’idea molto bella di Roberto Vernetti, che aveva creato un pool di produttori di cui facevo parte anche io.
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