Gli ultimi giorni di Roger Federer
27/05/2023

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Dyer scrive della perdita della vista che affiora nel bianco accecante dei quadri di Turner, dell’impazzimento di Nietzsche a Torino, della gloria fragile di Kerouac, degli ultimi giorni tristi di Larkin o, ancora, dei falcidianti infortuni di Andy Murray, mettendoli in relazione, tramite scatti analogici, con la propria difficoltà nel portare a termine certi libri, e con gli acciacchi di un corpo che invecchia. La struttura stessa del libro, che si sviluppa per note e nessi continui (spesso inattesi), sembra voler rimandare la fine.
Naturale che in un saggio del genere serpeggi la presenza della morte, che Dyer tratta però col brio di un filosofo del Settecento: “non sarebbe meraviglioso se fosse possibile essere uno scrittore serio senza prendersi sul serio?”
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