Il linguaggio belligerante e il diritto di dissentire. Un estratto dal nuovo libro di Matteo Pucciarelli «Guerra alla guerra»
15/02/2023

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Era strano, perché i sondaggi all’inizio della guerra in Ucraina dicevano che la stragrande maggioranza degli italiani era contraria ad inviare armi all’esercito di un altro paese. Eppure questa era un’opinione sottorappresentata: nelle piazze, in televisione, sui giornali, in Parlamento, l’idea prevalente era un’altra e opposta. Dobbiamo farlo, è giusto farlo, non farlo sarebbe criminale: armi, armi, ancora armi. Provare a chiedersi perché la stessa solerzia non c’era stata in altri conflitti, a favore di altri popoli egualmente minacciati, non era ammesso.
Gli spazi per i contrari all’escalation militare venivano appaltati invece a chi perorava posizioni completamente opposte, in difesa delle ragioni di Putin. Il dibattito si stava polarizzando esattamente com’era avvenuto con il Covid-19, quando la società doveva essere per forza suddivisa in due categorie: i sì vax e i no vax; c’erano quindi i pro-Ucraina e i pro-Russia; il bene e il male; noi e il nemico. Bianco o nero. Né allo sforzo di comprensione aiutavano le sovrapposizioni, per cui molto spesso se eri un no vax, oggi tifavi Russia; se non ti eri posto alcun dubbio sulla gestione pandemica, assistendo senza batter ciglio a tutte le innumerevoli contraddizioni logiche e operative delle autorità, adesso non te ne ponevi nessuno sull’approccio del governo e del mondo occidentale al conflitto.
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