La carna trista: Intervista a Mario Visone

07/02/2023


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La carna trista
è un libro di libri. Nel senso che chi legge il tuo romanzo dovrà fare i conti con un numero significativo di riferimenti alla letteratura del 900. Questa scelta di tirare dentro la storia PPP, Joyce, Pavese, Saba, Moravia, Silvio D’Arzo è dettata dal fatto di essere un  lettore “forte” oppure credi ancora nel potere della letteratura di cambiare le cose?

Io credo fermamente nello spazio di libertà della letteratura. In questo momento storico più che negli anni passati, negli anni delle ideologie forti, negli anni della critica letteraria delle riviste fiorentine o del Politecnico. Bisogna capire cosa se ne fa la letteratura di questa libertà di espressione. Si auto contempla o mette il proprio corpo in gioco? Per me la letteratura tutta deve abbracciare il concetto di parresia in pieno, cioè deve mettere le proprie parole al servizio della verità e sputarla in faccia al potere. Anche rischiando. Anche rischiando l’emarginazione, anche rischiando il collo. Siamo in tempo bui, si aggirano mostri tra noi, mostri spregiudicati e la letteratura deve costruire un pezzo di resistenza. Se non lo fa perde la sua funzione storica e si accontenta di essere escremento ludico massmediatico. Inutile.
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Fonte: Una banda di cefali | Libri
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