L’indiano

08/05/2022


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Il Wanderers divenne quindi un punto di riferimento per la comunità nativa della zona di Nanaimo, fornendo un’alternativa a molti giovani, non a livello economico ma sicuramente nel modo in cui impiegare il proprio tempo. Il professionismo era chiaramente un miraggio, e lo stesso Harry Manson si manteneva in realtà facendo il pescatore, come buona parte degli altri membri della sua tribù. Ma quando scendeva in campo, c’era solo il calciatore: un brillante e atletico centrocampista, ma soprattutto un leader in grado di tracinare l’intera squadra. In quegli anni, il Wanderers s’impose come una delle compagini più forti della regione, arrivando a competere alla pari con le meglio allenate squadre dei bianchi, e facendo conoscere tutta una generazione di promettenti calciatori aborigeni.

Un simbolo sociale ed identitario come forse, all’epoca, non ce n’erano in tutto lo sport canadese. Ogni volta che scendevano in campo, i giocatori del Wanderers ricevevano insulti razzisti; durante un match contro una squadra della vicina Ladysmith, la stampa locale riportò che i tifosi avversari urlavano ai propri beniamini “Uccidete quei selvaggi!”
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Fonte: Pallonate in faccia
nel canale: calcio