LUCIANO BIANCIARDI. La vita agra
25/05/2023

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Con questo romanzo si passa da Roma a Milano, da un film a un libro che poi diventerà a sua volta un film, da un mondo effimero e ovattato a un altro dove il capitalismo si impossessa e depotenzia tutti gli impulsi sani nel vortice di grana e dané. Aprendo La vita agra ci troviamo in una classica domenica di novembre della provincia italiana, mentre i sagrati si popolano così come i bar nelle vicinanze e un raro sole brilla ma non per tutti. La voce narrante sente improvvisamente aprirsi nella propria testa un buco che ne segnerà profondamente l’esistenza per sempre. Arriva infatti la notizia che i suoi ‘compagni di barella’ (la barella è la lettiga dove i minatori depongono il materiale estratto), da lui frequentati con assiduità e amicizia, sono stati risucchiati dall’abisso.
Tutto parte da un altro buco, da una vicina miniera di lignite, con accenti da cronaca di una morte annunciata. Qui operai mal pagati ma dai tratti eroici sono costretti, in nome di un aumento del tonnellaggio, a estrarre il più possibile perché quello che conta, in quegli inferni sotterranei senza adeguata ventilazione, è l’aumento del rendimento e non la diminuita capacità respiratoria degli uomini. Ma, come spesso accade, la natura, a lungo violata nelle sue viscere, si ribella, la miniera esplode e a uscire da quei recessi non è più la lignite tanto agognata ma i corpi di oltre quaranta uomini che sono le vittime della strage della Ribolla. Perché, ieri come oggi, c’è sempre bisogno di un evento calamitoso perché ci si accorga delle condizioni di chi lavora e, in generale, di un ‘problema’.
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