Luciano Funetta – Domicilio sconosciuto

20/11/2023


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Di Bolaño o di Cortázar o di Borges, come si fa a tracciare una linea di demarcazione che metta la realtà da una parte e la fantasia dall’altra, vale a dire scindere il possibile dall’impossibile? Chi legge letteratura latinoamericana è preda di un dubbio del genere: distinguere il visibile dall’invisibile, dove è l’invisibile a farsi in qualche modo avvertire sottopelle prima del visibile. Chi legge letteratura latinoamericana sa anche che un dubbio del genere non è risolvibile, che se Felisberto Hernández scrive un racconto nel quale una ragazzina tiene tanti ombrellini colorati spalancati in chirurgica fila lungo un corridoio, non ha senso farsi molte domande ma ha molto senso decidere di diventare quella ragazzina che tiene tanti ombrelli colorati spalancati in chirurgica fila lungo un corridoio (Il balcone).

In Domicilio sconosciuto (Utet) Luciano Funetta sembra rimarcare questa aura nella quale parlare di letteratura latinoamericana significa avere la casa abitata da rumori sconosciuti e lasciarla di notte in tutta fretta senza però dimenticare di chiudere bene la porta di ingresso e buttare la chiave in un tombino, Che a un povero diavolo non venisse in mente di rubare e di entrare in casa, a quell’ora e con la casa occupata (Casa occupata, Julio Cortázar). Un effetto straniante, lo stesso prodotto da Domicilio sconosciuto, un’opera inclassificabile che assume le fattezze di un saggio romanzato, un ibrido nel quale la febbre della scrittura e della lettura sale a temperature da ipertermia.
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Fonte: La biblioteca di Montag
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