Matthias Nawrat, L’ospite triste
18/09/2023

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È una voce narrante ad attraversare la capitale tedesca, la Berlino multiforme e semisotterranea di appena qualche anno fa, e a raccontarcela nella sua banalità quotidiana, nella sua sfaccettata autorigenerazione e nei frammenti di orrore improvviso e immobilizzante dettato dagli attacchi terroristici. Voce narrante che forse ha il timbro e la cadenza dell’autore, visto che anche lei si presenta come uno scrittore nato al di là del confine orientale tedesco. E non propriamente un flâneur, va detto; ché gli incontri che costellano queste pagine, e che danno al testo il brusio delle narrazioni corali, non sono mai ricercati volontariamente ma piombano improvvisi. Capita, per esempio, che alla suddetta voce narrante passi per la testa l’idea di ristrutturare casa e si ritrovi quindi nello studio di Dorota, un’architetta polacca un po’ speciale. Dorota non esce mai di casa, le sue creazioni le vede soltanto in foto, e accoglie i clienti un po’ stupiti con grosse fette di torta. È evidente che nasconda qualcosa. Ed è proprio di fronte alla voce narrante che l’architetta, la prima e forse più imponente fra i numerosissimi personaggi de L’ospite triste, al posto di stendere sul tavolo di lavoro ampi catasti in tripli fogli A3 arrotolati su sé stessi e ricontrollare planimetrie e misure si mette a raccontare la storia sua e della sua famiglia. Senza celare gli aneddoti della guerra o il sentimento di spaesamento quando Berlino aveva tentato di accoglierla, decenni prima.
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