Napoli aveva un sogno nel cuore
28/04/2022

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Quattro anni dopo, per citare l’Outro dell’ultimo disco di Fabri Fibra, Caos, «quei ricordi sono solo ombre». Perché, è vero, la sconfitta “in albergo” a Firenze – appena sette giorni dopo la vittoria di Torino – aveva già aperto una breccia nella storia contemporanea del Napoli, fatta della leggerezza dei sogni e incupita da quello scudetto svanito, ma è il tonfo fragoroso e assolutamente illogico di Empoli di domenica scorsa ad aver acuito la sensazione che qualcosa, e uso volutamente l’indefinito, a Napoli e nel Napoli si è rotto, è finito, si è spento irrimediabilmente.
Gli otto minuti assurdi in cui l’Empoli ha segnato tre gol alla migliore difesa della Serie A (fino a quel momento) rappresentano l’acme della degenerazione progettuale e ambientale che il Napoli, da quella notte estatica di Torino, vive senza soluzione di continuità.
Neanche l’arrivo di un tecnico esperto come Luciano Spalletti, che è comunque molto vicino a riportare il club ai gironi di Champions League dopo un biennio mediocre tra le gestioni Ancelotti e Gattuso, ha fermato l’emorragia interna di un ambiente che di Grandeur porta solo un’idea platonica di sé
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