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“The Northman” e la fotografia (dell’immaginario) di oggi

27/04/2022


Si può ammirare The Northman per la capacità di iniettare in un revenge movie norreno le qualità migliori del regista, dal puntiglio antropologico al senso pittorico per la messa in scena della violenza; o si può, come chi scrive, ritenere che le esigenze del genere e quelle dell’Eggers-pensiero non trovino quasi mai una sintesi davvero efficace, fallendo specialmente nel tentativo di conciliare la compiaciuta bidimensionalità mitologica del secondo con l’impulso delle grandi narrazioni hollywoodiane verso la psicologia e il character building. Al di là del risultato però The Northman affascina proprio in quanto esemplare di una specie in via d’estinzione: un imponente film di studio che, senza il paravento commerciale di una proprietà intellettuale affermata, affida le sue sorti al talento idiosincratico di un giovane autore in ascesa.

Non a caso Ethan Hawke, efficacissimo in un ruolo per lui controintuitivo, si è richiamato agli anni Settanta della New Hollywood per descrivere la sua esperienza sul set: “ho passato la vita a chiedermi ‘sarò mai su un set che ricorda Apocalypse Now?’. Sapete, quando qualcuno ha le palle, l’insolenza e l’arroganza di dire ‘voglio realizzare un capolavoro’”.
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Fonte: Cinefilia Ritrovata
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