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Volevamo tutti bene a Carlo Mazzone

20/08/2023


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Ricordo il televisore massiccio, il sorriso contenuto di mio padre e la corsa di Mazzone sotto la curva sud, col cappotto grosso, il pugno agitato. Batte le mani, indica i tifosi e dice «È vostra». «Forse con quel gesto mi sono reso ridicolo, ma è la cosa più bella che mi sia mai capitata» dice dopo la partita. Non era la prima corsa fatta sotto la curva, gli era già capitato ad Ascoli. Non sarà l’ultima, gli capiterà ancora a Brescia, quando non correrà sotto la propria curva ma incontro a quell’avversaria dell’Atalanta, stringendo i pugni e digrignando i denti, mentre un suo collaboratore prova a trattenerlo in affanno. Un meme prima dei meme, ma anche un’immagine poderosa del calcio che Mazzone rappresentava. «Mi è stata toccata la cosa più bella che ho avuto nella mia vita, mia madre. E poi la mia città» spiegò anni dopo.

Le sue corse sotto ai settori non erano un gesto istintivo. Mazzone le studiava e preparava, riservandole ai momenti speciali. Un regalo che si concedeva, e che per lui rappresentava l’apoteosi del calcio: l’incontro con i tifosi. Durante la partita, dentro lo stadio, Mazzone sembrava scomodo al centro del palcoscenico. Entrava in campo tutto imbacuccato. Il cappotto Asics tirato fin sopra il naso, lo zuccotto calato fino agli occhi, guardava a terra mentre si infila i guanti, più intirizzito dalla tensione che dal freddo. Seduto sulla punta della sedia, la mano “a cucchiara”, pareva gridare le indicazioni direttamente dagli spalti. “Amedeo”. Carboni: “Sì, mister?” Mazzone: “Quante partite hai fatto in serie A?” Carboni: “350, mister”. Mazzone: “E quanti gol?” Carboni: “4, mister” Mazzone: “Ecco, allora vorrei proprio sapere ‘ndo ca*** vai! Torna subito in difesa!”. Recita l’arcinota citazione.
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Fonte: L'ultimo uomo
nel canale: calcio